Il Consiglio di Stato riapre i giochi sulla sottostazione elettrica di Torremaggiore osteggiata dalla Regione Puglia

Con più sentenze, rese nei confronti di Terna e dei diversi operatori eolici che avrebbero dovuto connettere i propri progetti eolici alla SSE di Torremaggiore, il Consiglio di Stato ha annullato gli atti con cui la Regione Puglia aveva osteggiato la localizzazione della sottostazione e aveva, conseguentemente, negato la possibilità di realizzare i progetti eolici (CdS, sezione IV, sentenza n. 8912/15 ed altre).

La decisione è importante sotto diversi profili: innanzitutto perché rimuove un ostacolo (il veto regionale alla localizzazione della SSE) che era stato frapposto proprio per impedire, in una volta sola, la realizzazione di una pluralità di progetti eolici, bloccati da anni, la cui fattibilità ora torna prepotentemente in gioco.

Secondariamente perché riafferma un principio prezioso per gli operatori del settori: ovvero la doverosità che il dissenso (anche di amministrazioni pesanti come il Ministero per i beni culturali) sia sempre discusso in conferenza di servizi e che sia costruttivo, al fine di consentire puntualizzazioni e chiarimenti nonché eventuali ulteriori affinamenti progettuali tali da rendere del tutto compatibile con i valori paesistici e naturalistici la realizzazione della SSE.

Si tratta di una decisione particolarmente significativa perché giunge in un momento in cui recenti innovazioni introdotte dalla L. Madìa 124/15 – si allude alla ipotesi di “conferenza telematica asincrona - sembrano mettere pericolosamente in discussione gli ottimi approdi cui è pervenuta negli anni la giurisprudenza amministrativa, riconoscendo il valore insuperabile della contestualità dell’esame di tutti gli apporti istruttori delle amministrazioni partecipanti alla Conferenza di servizi. Il Consiglio di Stato ci ricorda, di nuovo, e utilmente, l’esigenza di ricondurre eventuali problematiche ostative al luogo procedimentale tipizzato e ineludibile della conferenza, e così contribuisce a scoraggiare quella nostalgia per il ritorno ai diritti di veto, che purtroppo non smette di aleggiare nelle Pubbliche Amministrazioni.

La sentenza, infine, affronta anche il delicato tema della proroga dei termini di durata dei provvedimenti ambientali: la Regione Puglia aveva infatti da una parte ridotto a soli 3 anni i termini di durata delle VIA, che la legge nazionale fissava invece a 5 anni, e dall’altra però – con ritardi ed inerzie - aveva essa stessa contribuito a far perdere di efficacia le valutazioni ambientali. Il Consiglio di Stato ha ricordato che in tal caso la proroga non può essere negata senza prima considerare l’esistenza di obiettive ragioni, attinenti alla complessità e durata del procedimento, preclusive dell’avvio e della realizzazione dei lavori.

Sarà certamente interessante osservare come il Giudice Amministrativo affronterà il prossimo passaggio, ovvero la decisione sulla domanda risarcitoria ancora pendente.

IN ALLEGATO: SENTENZA N. 4735 2015