Quando un vincolo sia stato già annullato da una sentenza, entro che limiti il MIBAC può reiterarlo? Il Consiglio di Stato fa il punto con una importante decisione.

Un braccio di ferro tra un collezionista e il MIBAC, durato dieci anni e costellato da ben cinque ricorsi, si è infine risolto, a favore del tenace collezionista con una decisione destinata, come si suol dire, a "fare giurisprudenza".

La storia merita di essere brevemente narrata: la Direzione Regionale della Lombardia aveva una prima volta apposto il vincolo culturale sull'opera di un pittore fiammingo minore della prima metà del '500 sulla base di una lettura dell'opera, quale rappresentazione della allegoria di una città italiana, lettura rivelatasi completamente sbagliata.

Il vincolo fu comunque confermato ma questa volta sulla base dei presunti rapporti fra l'artista e alcuni mecenati e collezionisti provenienti dalla città italiana e residenti ad Anversa.

Una sentenza del TAR Lombardia, confermata in appello dal Consiglio di Stato, aveva tuttavia annullato la determinazione di conferma del vincolo in quanto fondata su semplici supposizioni e presunzioni, prive di qualunque riscontro effettivo nel contesto dell'opera.

A questo punto, nonostante il parere favorevole alla rimozione del vincolo espresso dalla sovrintendenza di Milano, la Direzione Regionale reiterava per la terza volta il vincolo introducendo elementi e circostanze del tutto nuove e ulteriori, quali l'eccellenza qualitativa del dipinto, la sua rarità, la particolare difficoltà di acquisizioni di opere similari.

Ha dunque posto definitivamente fine alla controversia la VI sezione del Consiglio di Stato con la recente sentenza n. 6046 del 2014: la decisione sottolinea che le circostanze ritenute tali, da ultimo, da giustificare la terza reiterazione del vincolo fossero, a ben vedere, percepibili ed apprezzabili dal MIBAC sin dall'epoca della prima dichiarazione di vincolo.

Ciò dimostra come l'amministrazione abbia "operato in modo preconcetto, sostanzialmente sleale e comunque contraddittorio e inattendibile, avendo frazionato nel corso del tempo le ragioni ostative (effettive o presunte) di cui aveva, o avrebbe dovuto avere, piena contezza fin dal primo esame" del dipinto.

Appare particolarmente interessante il ripetuto richiamo nella decisione al principio secondo cui l’Amministrazione ha un dovere di clare loqui “in virtù del quale l’interessato deve essere posto in condizioni di compiutamente, coerentemente e tempestivamente conoscere ai fini delle proprie conseguenti e consapevoli determinazioni, le ragioni ostative alla sua pretesa”.

Insomma secondo il Giudice Amministrativo (ma, verrebbe da dire, anche secondo il buon senso) i canoni di correttezza e buona fede impediscono al Ministero, in sede di attuazione di una sentenza che abbia annullato un vincolo, di reiterarlo sulla base di circostanze e di valutazioni del tutto nuove e diverse rispetto a quelle che avevano indotto alla originaria apposizione.

Quando la sentenza del giudice amministrativo consenta al MIBAC una più approfondita istruttoria e una nuova determinazione, essa tuttavia si deve dimostrare il frutto della costatazione della erroneità del giudizio precedente (sotto i profili descritti nella sentenza) e può confluire in una reiterazione del vincolo solo a fronte di “sopravvenienze fattuali o conoscitive che le erano rimaste in precedenza ignote per fatto incolpevole”.

Un chiarimento davvero importante a tutela da quell’atteggiamento “ondivago e sostanzialmente preconcetto” che, purtroppo, talvolta, dispiace dover registrare.

IN ALLEGATO: SENTENZA N. 6046 2014